Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche domanda con l’autore del nuovissimo libro su Tom Brady.

Senza troppi indugi vi presentiamo la intervista a Roberto Gotta, che ci ha voluto dedicare parte del suo tempo per parlarci del suo nuovo libro.

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Roberto (destra) lo avrete sicuramente ammirato durante le sue telecronache NFL per DAZN, assieme al validissimo Matteo Gandini

1- la prima è una considerazione, non una domanda : hai descritto Tom Brady in una maniera davvero interessante, arguta, capace di tenere attaccato il lettore senza mai cadere nel cliché, pertanto tanti complimenti ed anzi un grazie dal cuore perchè è bello che noi tifosi dei Patriots possiamo vantare un opera del genere dedicata, in italiano, al nostro beniamino n.1

Era il mio obiettivo. Odio i cliché e i luoghi comuni, odio la narrazione del ‘predestinato’: e dico ‘odio’ per i sentimenti forti che evocano queste cose, perché non ho studiato come un somaro al liceo e all’università per far poi parte di un mondo pieno di frasi fatte. Brady andava studiato, anzi ristudiato, e capito. Non posso sapere come sia nel privato, visto che lo sanno solo 5-6 persone, ma ho cercato di fare ordine in quello che si sa, e una enorme soddisfazione è stata quella che mi ha dato una persona che stimo, che ha letto il libro e commentato ‘avrei voluto che non finisse mai! Detto da me che proprio Brady e i Patriots mi stavano indigesti adesso li ho compresi molto meglio’. Ecco, cosa posso chiedere di più? 

2- Nel libro la figura di Bill Belichick è affrontata con distaccato rispetto, ma io ti voglio fare comunque la domanda da 1 milione di dollari : a tuo avviso ha giovato di più Brady alla carriera di Bill o viceversa?

Su Belichick ho dovuto frenarmi, perché ovviamente ci sarebbe voluto un libro solo su di lui. È ovvio che non passi per simpaticone (anche se studiandolo dal vivo lo vedi sempre con l’aria di uno che dietro quella maschera stia ridendo alle spalle di tutti), ma farei torto a me stesso se non avessi stima – o rispetto – di lui, vista la sua passione reale per il football e lo studio fatto per assorbirlo. Non sono in generale un tifoso dei fanatici, in qualunque settore, ma questo è uno che stravolge le squadre e vince comunque, uno che ha fatto una lunga gavetta anche se privilegiato dalla notorietà del padre, uno che si è visto rivolgere frasi sferzanti da quello che considerava un méntore, cioé Bill Parcells. Quanto alla domanda, purtroppo manca un elemento per poter giudicare: Belichick prima di avere Brady non aveva avuto successo come head coach nella NFL, mentre non abbiamo idea di cosa avrebbe fatto Brady senza Belichick perché ovviamente non ha avuto altro dio all’infuori di lui. Non per nulla cito più volte l’elemento casualità, che Belichick ha spesso ricordato: troppi risultati sportivi nascono in realtà dal caso, anche se naturalmente è più facile che avvengano a chi è preparato e ha talento.

3- Nel capitolo in cui ripercorri il draft (e nella chiusura del libro davvero sagace) si intuisce come tu da appassionato vero abbia ben evidente in mente l’importanza del lavoro degli scouts; non credi che, ancora oggi, molte squadre investano poche risorse nel creare un team di osservatori davvero validi e attenti, ed è forse lì che va ricercata la ricetta del successo, piuttosto che all’inondare di soldi la star di turno?

Guarda, alcune cose non le capisco e non le capirò mai. Una cosa che non capisco è come valutare i quarterback di college: rivedendo alcune partite di Brady con Michigan mi sembrava palese la sua bravura ma – attenzione! – mi avevano fatto buona impressione alcuni suoi colleghi di ruolo che invece nemmeno sono poi stati scelti. E un’altra cosa che capisco ancora meno è però come un’incapacità simile colga chi invece di mestiere deve fare le valutazioni. Non voglio credere che ci siano squadre che non investono nello scouting, al tempo stesso però mi viene difficile credere che professionisti e anzi specialisti non colgano certi segnali. Davvero, per certi versi non so come rispondere: ritengo impossibile che non ci siano spese adeguate per sostenere chi fa scouting. Di sicuro sono sempre contrario alle grandi somme per i free agent: non ho una buona memoria sui singoli casi, ma pochissimi free agent di grande nome hanno contribuito a far vincere il Super Bowl alle loro nuove squadre, mentre molto più facile è che si vinca con costanti, sagge scelte nel draft. Il che rende ancora più incomprensibili certi errori di valutazione.

4- Hai raccontato di quante esperienze dal vivo, anche ai vari Super Bowl, hai avuto modo di vivere, e ti chiedo se secondo te il football negli ultimi anni è veramente cambiato, dal gioco sul gridiron all’ambiente che lo circonda. Quali sono dunque le differenze principali per te che lo vivi dall’interno, quando possibile.

È cambiato tutto, in modo radicale. Sul campo è più difficile da interpretare, e parlo per esperienza personale di telecronaca. Gli studi analitici hanno portato a un innalzamento del livello di complessità, rispetto ai tempi in cui l’ho conosciuto io, e tradurre tutto in diretta televisiva è difficile. Basti pensare che il ruolo del fullback è quasi sparito, mentre una volta potevi contare su quella benedetta I-formation o sulla split back e non dovevi impazzire per capire – causa inquadratura stretta – dove diavolo fossero finiti i difensori già prima dello snap. A livello estetico anche divise, paraspalle, caschi sono molto diversi, sono pressoché scomparse poi le imbottiture a volte goffe o i paracollo di certi giocatori, di pari passo con campi sempre meno pesanti. L’estetica per me conta molto, oggi siamo a un livello raffinato, abbiamo i guantini da ricevitore che sovrapposti mostrano il logo della squadra ma mi sembra tutto – come il resto del mondo – standardizzato e purificato, con meno spontaneità. Fuori dal campo, basti dire che nel 1988 ho avuto l’onore di un invito al training camp dei New Orleans Saints a La Crosse, nel Wisconsin, grazie al coach (tre volte campione nazionale tra NAIA e NCAA Division III) che allenava il college presso il quale si svolgeva il ritiro, e grazie al pass ALL ACCESS vivevo nel collegio (quelli che in italiano, traducendo male, chiamiamo dormitori) universitario in stanze come le loro, andavo in fila con loro al buffet (mangiando un terzo di loro, ma è altro discorso…) e seguivo gli allenamenti letteramente da bordo campo, tanto che durante uno scrimmage sono stato travolto da un running back (ho pubblicato le immagini su Facebook lo scorso anno, dato che nel momento del trambusto stavo riprendendo con una telecamerina). Ora un giornalista non potrebbe mai e poi mai avere questo tipo di accesso, a meno che non debba girare Hard Knocks o faccia parte del network che ha i diritti per le partite. È poi cambiato – sempre che questo interessi però ai lettori, e non è detto, ma in fondo la domanda riguarda le mie esperienze – il modo di vivere il Super Bowl. Per l’occasione ovviamente la normale tribuna stampa non basta e dunque tutti i giornalisti in eccesso vengono messi in settori normalmente destinati a tifosi, e corredati temporeamente da tavoli: il SB vinto dai Pats a New Orleans nel 2002 è stato l’ultimo in cui anche a peones come me (e decine di altri giornalisti americani e non) è stato possibile avere un posto a sedere decente, con visuale decente, mentre in quelli successivi ci hanno spostato sempre più in alto e vicino (se non dietro) alle end zone, e in tutta onestà se non fosse che si riesce a vivere l’evento nei giorni precedenti sarebbe inutile andare solo per (non) vedere la partita. Fate conto – e so di evocare un episodio non gradevole – che il famoso Philly Special lo vidi nel replay sullo schermo gigante, perché il mio seggiolino era dal lato opposto dello stadio e in diretta non vidi quasi nulla, erano troppo piccoli e lontani i giocatori. Non mi lamento, semplicemente racconto quel che è cambiato, e in peggio. In meglio credo che per un frequentatore sia cambiato solo l’aspetto ludico, l’infinità di scelte alla NFL Experience, il parco giochi interattivo – e non solo – del football NFL

5- Nel libro racconti anche di una meteora che non nomino per non “spoilerare” (termine che noi generazione Netflix usiamo comunemente) ma da lì prendo spunto per chiederti : come si può ovviare al problema, tutto statunitense, della differenza di appeal per i prospetti tra MLB ed NFL? ovvero per chi è così bravo da essere preso in considerazione in entrambe le leghe, come posso da prospetto essere ammaliato da anni di minor league a salari risicati, quando la NFL mi offre da subito un palco scenico di livello e, soprattutto se talento da primo giro, un contratto che in 4 o 5 anni potrà sistemarmi per la vita? è una domanda che sento mia perchè da appassionato anche di baseball patisco a vedere il grande “pastime” perdere di fascino agli occhi dei giovani sportivi.

Ok, non menziono la meteora, e non dico cosa penso del verbo ’spoilerare’… La risposta però è complessa: la distinzione fatta nella domanda è reale, ma diciamo che nella NFL i contratti/soldi non sono garantiti, se non per le superstar, e ci si può far male dopo una settimana e chiudere una carriera senza aver messo da parte che una manciata di dollari, mentre nella MLB è raro che ci siano infortuni di quel tipo, visto che ormai anche il famoso intervento Tommy John permette di recuperare in tempi dignitosi. Credo che chi di recente ha scelto la NFL lo abbia fatto perché certo di avere un bel contratto e una carriera importante, da prima scelta, come avete scritto, mentre per chi è dal quarto giro in giù l’opzione migliore è tenere aperte entrambe le porte. Nella NFL peraltro come sapete c’è subito la possibilità di fare il training camp mentre nella MLB rischi di essere chiamato allo spring training dopo 2-3 anni di sofferenze. Quindi non credo che esista una risposta univoca, dipende dai casi ma il sistema chiaramente resta questo. 

Chiudo scusandomi con i lettori: loro non lo sanno, ma ci ho messo 45 giorni a rispondere a queste domande, perché ho purtroppo difficoltà di gestione degli impegni (eufemismo) e nei 10 giorni prima del kickoff non ho in pratica avuto il controllo della mia vita. E quando l’ho avuto, per due giorni, sono letteralmente fuggito all’estero per poter respirare e fare anche semplici gesti in piena libertà, senza sentire commenti o osservazioni. Perdonatemi per la nota personale, ma è stato davvero un periodo orrendo in cui ho fatto in fretta, e male, tutto quello che dovevo fare.

Concludiamo ringraziandoti per la enorme disponibilità e semplicità con la quale mi hai permesso di interfacciarmi con te

Il libro lo potete trovare in copia cartacea o su ordinazione in libreria, oppure su Amazon :

https://www.amazon.it/mondo-Tom-Brady-Football-americana-ebook/dp/B07T2BLHZT

non dimenticate di seguire Roberto tramite il suo profilo twitter :

https://twitter.com/RobertoGotta?s=17

 

Francesco Cugusi@PatriotReign

Written by francescoc

1 Comment

Giancarlo Boromei

Non vedo l’ora che arrivi anche qui da me.
Non amo acquistare on line per paura di furti digitali.
Grazie cmq per l’intervista.

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