Non giudicatemi per i miei successi ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi.

(Nelson Mandela) 

Spesso siamo portati a pensare che il risultato, il fine ultimo, sia l’unica testimonianza di successo, un campione si misura in base alle coppe, ai trofei, e agli anelli; lo stesso motto di questo mio blog rimanda a questo tipo di mentalità abbastanza radicale. Ma è anche vero, che in uno sport dove un team è formato da 53 elementi, i destini dei singoli possono subire deviazioni inaspettate, e mai come nel football è vera una cosa, ovvero che i successi spesso non si misurano coi numeri, ma con gli ostacoli che siamo riusciti a superare per arrivare dove si è arrivati, indipendentemente dal finale.

Danny Amendola è l’incarnazione di questa mentalità, un giocatore che ha dovuto superare una serie di sfortune ed infortuni che avrebbero fermato anche un carro armato ma non lui, un leone col coraggio di tuffarsi a testa dritta nell’inferno costituito dai placcaggi feroci delle difese più agguerrite che popolano questo pianeta.

A star is born

Nasce in Texas, nell’ormai lontano 1985 ad oggi va per i 31 anni, punto cruciale e di non ritorno per un wide receiver nella lega; I 180 cm per 85 kg di Danny condizionano da subito le sue aspirazioni di ingresso in NFL, pur compensando la statura con una velocità fisica incredibile ed una resistenza agli impatti notevole. Il “filo rosso” che disegna il marchio dei Pats nel destino di Danny è presente da subito però : ricevitore dallo slot, piccolino, in uscita da Texas Tech, tutte caratteristiche che sono presenti in un altro profilo di successo per New England, Wes Welker.

I 4 anni passati alla Texas Tech vedono crescere di anno in anno le sue personali statistiche; le yards ricevute passano dall’essere 119 nel 2004, alle 1245 nel 2007, con un escalation di touchdowns che vanno dall’unico nell’anno di esordio, ai 6 della stagione finale.

Una delle partite più eclatanti del suo campionato finale al college, nel 2007, la disputa ironia della sorte in una sconfitta, quella al cardiopalma contro Oklahoma State, dove i suoi vengono battuti per 49-45 ma lui totalizza 14 ricezioni per 233 yards, con 16.6 yards di media a catch, ed un touchdown.

Anche se i numeri invece non dicono nulla di eclatante sul gioco dei ritorni, va sottolineato il suo impiego negli special teams, che all’epoca per alcuni scouts sarebbe stata l’unica chance di vederlo in NFL, qualche team che avesse bisogno di un piccoletto che riporta i calci.

Lo sbarco in NFL

Il draft 2008 vede scadere il clock del settimo giro senza la sua chiamata, nonostante su NFL.com ci fu un certo “hype” sul giocatore, e secondo alcuni analisti le sue “ball skills” e la sua rapidità nel medio-corto avrebbero attirato molte squadre a farne per loro il nuovo Wes Welker, ma allora come oggi, negli ambienti della lega e tra i coaches, regnava l’idea che Welker, troppo piccolo e poco fisico per giocare, fosse solo e semplicemente un prodotto della coppia Belichick-Brady e che in altri sistemi quel tipo di giocatore non avrebbe dato gli stessi frutti, e infatti Amendola finì undrafted.

Come spesso avviene per i prospetti che si ritrovano ad essere free agents ancora prima di sapere cosa sia l’NFL, arriva la chiamata della franchigia locale, in questo caso dei Cowboys; questo avviene perchè ogni team NFL ha chiaramente una maggiore possibilità di scouting sul suo territorio rispetto al resto degli Stati Uniti, e poi si spera sempre che giocare davanti ai tifosi di casa aiuti il giocatore a dare il meglio e ad avere maggiori motivazioni. La prima stagione, quella del 2008, la passa “in panchina” nella practice squad dei ‘Boyz.

La stessa sorte ebbe coi Philadelhpia Eagles, una altalena tra roster e practice squad che culminò col taglio nel 2009 a favore della firma, più tardi a Settembre di quell’anno, coi Rams che ora dobbiamo chiamare Los Angeles Rams. Nel 2010 diventa l’ottavo ricevitore in NFL per catches (83), ricevendo per 680 yards e 3 segnature, aggiungendo a questo ottimi numeri sui ritorni.

La stagione 2012 vede finalmente alzarsi di livello la sua avventura in NFL, dove già dalle prime settimane dimostra di essersi inserito a pieno negli schemi dei Rams e nonostante un Bradford molto impreciso, inizia anche a mettere a referto numeri interessanti; la gara contro i Lions segna un netto punto di partenza per lui.

Contro Wasghinton ricevette 12 palloni solo nel primo tempo, record che fino a quel momento era di un pilastro come Reggie Wayne. Non tardano però ad arrivare i primi infortuni, infatti nella bella vittoria sui rivali dei Cardinals che portò i Rams su un record di 3-2, Danny si infortunò al braccio e dovette abbandonare la gara. I medici davano una prognosi di 6-8 settimane,  ma lui tornò a sorpresa già in week 10, dove i suoi Rams pareggiarono (a volte succede, raramente ma succede) coi 49ers, anche se una bomba di Sam Bradford per Danny da 80 yards avrebbe deciso il match col TD proprio di Amendola, ma una discutibile flag tolse la soddisfazione al nostro Danny.

L’arrivo in New England

Era il Marzo 2013, noi tifosi stavamo ancora cercando di capire come fosse possibile che Wes Welker potesse indossare una casacca diversa da quella dei Patriots, ma ancora peggio, come fosse possibile che andasse a Denver a ricevere palloni dall’acerrimo nemico Peyton Manning, arriva la firma del suo sostituto naturale, Amendola. Benchè per molti questa fosse una mossa azzeccata e anzi, noi ci andassimo a guadagnare prendendo di fatto un Wes Welker più giovane, atletico e veloce, per i tifosi quello era un bruttissimo colpo, voi immaginatevi se si dividessero Batman e Robin, se dividessimo per dire il cheddar da un hamburger, se togliessimo Pierce dai Celtics ( ah no..sigh)..qualcosa di simile.

Molto più semplicemente, immaginatevi chi di noi, dopo aver visto una cosa del genere alle 05.00 di mattina, doveva digerire il fatto che non la avrebbe mai più vista:

Anni 5, milioni di dollari 31, i dati del contratto ad Amendola; rapporto che sembra funzionare da subito, quando all’esordio contro i Bills riceve 10 palloni per 104 yards con 10 yards di media a catch e la vittoria del team per 23 a 21. Qui arriva però un altro infortunio, ed ecco che i fantasmi tornano a perseguitare la carriera del ragazzo del Texas, che da lì a qualche settimana non riesce più a tornare a pieno servizio come vorrebbe, e deve aspettare la week 8, la vittoria altisonante per 55 a 31 contro gli Steelers dove finalmente riappare in forma, sole 4 ricezioni ma le yards sono 122 di cui la più lunga ben 57 yards, ed 1 TD. In quell’anno non riuscì più ad incidere, anche se va detto che segnò il touchdown decisivo nella meravigliosa rimonta contro Cleveland, anche se il solo scrivere nella stessa frase “meravigliosa rimonta” e “contro Cleveland” mi fa venire i brividi.

Inolte, se dobbiamo dirla tutta,”meravigliosa rimonta” che avremmo fatto volentieri a meno di avere se il prezzo da pagare fu questo, ma nel video trovate anche la sintesi con la sigla finale del 27 a 26 dei nostri.

L’anello

La stagione 2014 è particolare, strana, assurda; una regular season che ha fatto riflettere molti sul suo peso effettivo nel team, sul valesse o meno quel quinquennale che ha firmato nel 2013 che sembra così lontano, un anno dove, per carità, disputa 16 gare e pertanto fisicamente c’è, ma sono le poche ricezioni (27) sui 44 targets per 200 yards totali ed 1 solo TD, numeri che se avesse fatto Dobson lo avrebbero già bruciato in piazza come le streghe del New England, a lasciare interdetti. Ma la svolta arriva quando conta di più, come fanno i veri campioni appunto, ovvero nella post-season.

Il 10 Gennaio contro Baltimore, una delle rimonte più belle che questo sport abbia visto compiersi, lui segna addirittura 2 touchdowns, e uno dei due sappiamo tutti chi lo ha lanciato non stiamo a ripeterlo, o anzi si, Edelman ! Le ricezioni sono poche (5) ma su 6 passaggi, per 81 yards totali. La settimana successiva nella passeggiata di salute per 45-7 contro le cheerleaders dei Colts non ha bisogno di fare quasi nulla, ma è 15 giorni dopo, in Arizona, che il mondo si accorge di come Brady lo reputi un elemento ormai fidato e dentro il suo “circle of trust”. Cinque ricezioni su sette targets ed un touchdown, ma per tutto il corso della partita si è notato come la soluzione di lancio sul #80 fosse particolarmente gradita a Tom.

Notevole, sul suo TD, la finta di corpo che lascia letteralmente sul posto Maxwell, che si ritroverà a metà strada tra il raddoppiare su LaFell, e l’inseguire lo stesso Amendola cosa che ovviamente non gli riesce. L’uomo a questo punto (Amendola) diventa di Earl Thomas che è tutt’altro che sprovveduto, ma a quel punto entra in gioco il tempismo e la precisione di Brady che lancia nell’unica finestra disponibile, e le mani sicure di Amendola fanno il resto.

Nel 2015 torna il football gicoato e tornano i problemi fisici che lo attanagliano per tutta la regular season, anche se le sue yards in ricezione (648) tornano ad essere una media alta, se pensiamo che nella sua ultima stagione ai Rams ne ricevette 666.

Questa estate Amendola si è sottoposto a due interventi chirurgici, ginocchio e caviglia; il secondo è poco incisivo, visto che si doveva semplicemente rimuovere un sovra-osso, ma è l’operazione al ginocchio sinistro, quello che lo ha limitato per tutta la stagione passata, a destare qualche preoccupazione. Il suo status, benchè lo staff della squadra sia fiducioso di vederlo in week 1 2016, lo mette a rischio per il training camp, ed il suo stile di gioco, al 100% senza risparmiarsi mai, impone che il suo ritorno avvenga non a guarigione appena conclusa ma anzi dopo qualche “extra time” decisivo per il ruolo ricoperto dallo stesso, fatto di scatti brevi, tagli rapidi, ed è proprio la rapidità di cambio di direzione che sfoga sulle ginocchia e articolazioni, aspetto delicatissimo anche da recuperare. Negli infortuni di questo tipo è molto facile subire ricadute, ed è quello che si deve evitare a tutti i costi.

Il fatto che Amendola abbia accettato un secondo taglio al suo stipendio (si dice che si sia privato di circa 4 milioni di dollari per rimanere ai Pats) mette la società in una posizione serena nel caso saltasse buona parte di allenamenti e pre-season, ma dal punto di vista del gioco e dei targets per Brady, sarebbe un duro colpo.

Un colpo dal quale sono sicuro che Danny saprà riprendersi alla grande, come ha sempre fatto, col cuore dei veri campioni che lui ha dimostrato molte volte di avere. Una cosa che forse non tutti sanno, un aneddoto molto simpatico, ve lo racconto ora, come premio per tutti quelli che hanno letto e sono arrivati fino a qui :

Amendola è andato ad abitare in un quartiere molto ricco e residenziale dell’area di Boston, dove di solito i giocatori non vanno, per il semplice fatto che è abbastanza lontano dal campo. In questo quartiere di persone di un certo livello, c’è ovviamente una grande attenzione all’estetica. Ebbene, Danny si è fatto costruire quello che in America chiamano “carport” che non è altro che una tettoia dove parcheggiare l’auto come vedete dalla foto di seguito. La scelta estetica (effettivamente discutibile) non è stata gradita dal vicinato che, incurante del fatto che Danny durante la scorsa stagione fosse molto impegnato, ha intimato al giocatore di rimuoverla al più presto perchè “rovina l’estetica del vicinato e ne distrugge l’armonia”.

Caro Danny, io ti difenderò e ti sosterrò alla morte per quello che hai fatto e farai in campo coi nostri Pats, ma su questo hanno ragione loro, fa proprio cagare!

Written by francescoc

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